Nata da oltre un millennio, la lingua italiana non è mai stata regolata, in modo chiaro e netto, riguardo agli accenti. Nessuno ha mai stabilito regole fisse sugli accenti.
- A ogni modo, tre sono le categorie di accenti: accenti obbligatori, accenti facoltativi e accenti sbagliati.
- Sono obbligatori quegli accenti che a non usarli si commette errore di ortografia; sono facoltativi quegli accenti che usati secondo il giudizio di chi scrive servono a evitare ambiguità di senso o di lettura; sono sbagliati quegli accenti che vengono collocati senza scopo alcuno e, nel migliore dei casi, servono solo ad appesantire la scrittura. Lapalissiano.
- Ed ora scendiamo nei dettagli.
- • L’accento è obbligatorio:
- 1. su tutte le parole di due o più sillabe, tronche in vocale, cioè che finiscono con vocale accentata: libertà, perché, finì, abbandonò, laggiù (vedi anche alla voce ventitré vuole l’accento...);
- 2. sui monosillabi terminanti con due vocali di cui la seconda ha suono tronco: chiù, ciò, diè, già, giù, piè, più, può, scià. Ma attenti all’eccezione: su qui e qua l’accento non va, lo sanno anche i bambini;
- 3. sui seguenti dieci monosillabi per distinguerli da altri monosillabi di identica forma i quali, non accentati, hanno un significato del tutto differente:
- – ché nel senso di poiché, perché, congiunzione causale (“Andiamo ché si fa tardi”) per distinguerlo da che, congiunzione o pronome (“Sapevo che eri malato”, “Can che abbaia non morde”);
- – dà, indicativo presente di dare (“Non mi dà retta”) per distinguerlo da quell’altro da che è preposizione, e dal da’, imperativo di dare (“Viene da Roma”, “Da’ retta, non partire”);
- – dì, nel significato di giorno (“Lavora tutto il dì”) per distinguerlo da di, preposizione (“È l’ora di alzarsi”) e di’, imperativo di dire (“Di’ che ti piace”);
- – è verbo (“Non è vero”) per distinguerlo da e congiunzione (“Io e lui”);
- – là, avverbio di luogo (“È andato là”) per distinguerlo da la articolo, pronome o nota musicale (“Dammi la penna”, “La vidi”, “Dare il la all’orchestra”);
- – lì, avverbio di luogo (“Guarda lì dentro”) per distinguerlo da li pronome (“Li ho visti”);
- – né congiunzione (“Né io né Mario”) per distinguerlo da ne pronome o avverbio (“Ne ho visti parecchi”, “Me ne vado subito”, “Ne vengo proprio ora”);
- – sé, pronome personale tonico (“Lo prese con sé”) per distinguerlo da se pronome àtono o congiunzione (“Se ne prese la metà”, “Se lo sapesse”);
- – sì, avverbio di affermazione o “così” (“Sì, vengo”, “Sì bello e sì caro”) per distinguerlo da si pronome (“Si è ucciso”);
- – tè, pianta e bevanda (“Piantagione di tè”, “Una tazza di tè”) per distinguerlo da te (di suono chiuso) pronome (“Vengo con te”).
- • L’accento è facoltativo:
- 1. su una parola sdrucciola, cioè accentata alla terzultima sillaba, per non confonderla con identica parola piana, cioè accentata sulla penultima sillaba. Nèttare e nettare, cómpito e compito, súbito e subito, càpitano e capitano, àbitino e abitino, àltero e altero, àmbito e ambito, àuguri e auguri, bàcino e bacino, circùito e circuito, frústino e frustino, intúito e intuito, malèdico e maledico, mèndico e mendico, nòcciolo e nocciolo, rètina e retina, rúbino e rubino, séguito e seguito, víola e viola, vitùperi e vituperi eccetera.
- 2. Quando segna l’appoggio della voce sulle terminazioni in -io, -ía, -íi, -íe, come fruscío, tarsía, fruscíi, tarsíe, e ancora: lavorío, leccornía, gridío, albagía, godío, brillío, codardía, e via per centinaia di casi. A maggior ragione, quando il vocabolo, con diverso accento, cambierebbe di significato: balía e balia, bacío e bacio, gorgheggío e gorgheggio, regía e regia eccetera.
- 3. Ci sono poi quegli accenti facoltativi che dovremmo propriamente chiamare fonici perché ci segnalano la corretta pronuncia delle vocali e ed o nell’interno di una parola; e anche qui la pronuncia aperta ha un significato e la pronuncia chiusa ne ha un altro: fóro, buco, fòro, piazza; téma, timore, tèma, argomento; mèta, fine, méta, sterco; còlto, dal verbo cogliere, cólto, istruito; ròcca, fortezza, rócca, strumento per filare ecc. Ma attenzione: usiamo gli accenti fonici solo se siamo ben sicuri nella scelta tra acuto e grave, diversamente dimentichiamo l’accento che, tanto, non è obbligatorio.
- • L’accento è sbagliato:
- 1. innanzitutto quando è sbagliato: su qui e qua l’accento non va, dice l’eccezione;
- 2. e poi quando è perfettamente inutile. È vero e proprio errore scrivere “dieci anni fà”, accentando il fa verbale che non potrà mai confondersi con la nota musicale; come sarebbe errore scrivere (e alcuni lo fanno trascinati dal suono tronco) “non lo sò”, “così non và” accentando senza ragione il so e il va.
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