domenica 31 agosto 2014

Isabella Pilenga presenta il Festival delle Buone Soluzioni a Roma



ROM-A-MOR
IL FESTIVAL DELLE BUONE SOLUZIONI NELLE OTTOBRATE ROMANE
DEL NUOVO CICLO DELLA CITTÀ ETERNA

18 e 19 Ottobre 2014
dalle ore 10.00 alle ore 19.00
Palazzo Ferrajoli
Piazza Colonna 355 - ROMA

di Michela Cassese 
Roma - Un nuovo ciclo e un lungo e infinitesimale elenco di buone soluzioni. “Rom-A-moR” è la manifestazione ideata da Isabella Pilenga – presidente dell’Associazione Faciviltà (www.facivilta.it), docente dell’Università Popolare delle Scienze Olistiche di Roma e Master Reiki e counselor olistico certificato 7Impronte Academy- e curatrice del “IL LIBRO FELICE” una raccolta di autentiche memorie felici scritte a mano da tante persone molto diverse tra loro, ma unite dalla ricerca della felicità.
Dedicata al risveglio delle coscienze e alla percezione dello spirito, l'evento si tiene a Roma nelle giornate del 18 e 19 Ottobre tra le ore 10.00 e le ore 19.00 presso i saloni dei ricevimenti di Palazzo Ferrajoli a Piazza Colonna 355. www.palazzoferrajioli.it
E’ un percorso interiore” – spiega Pilenga – “attraverso, informazioni intellettuali, scientifiche, simboliche, fisiche, emozionali, artistiche, vibrazionali, spirituali, relazionali. Un itinerario in cui si susseguono aree dedicate a temi ispirati alla mappa dei sette chakra: mercato, lavori sul corpo, sulle emozioni, tavole rotonde su: pedagogia evolutiva, nuova civiltà, tecnologie del futuro, dialogo interreligioso a cura del Mandir della Pace condotto dall’attore Enzo di Caro, espressione creativa volta alla ricerca della propria unicità, conferenze, meditazione profonda e un originale spazio dedicato, esclusivamente, al silenzio”.
Si tratta di una “due giorni” dedicata alle grandi scoperte, alle risposte a tante domande a cui dare la buona soluzione; una carrellata di autentiche risposte con dimostrazioni scientifiche ed esperienziali, che ci mostrano soluzioni a risonanza positiva, che risolvendo un aspetto delle realtà vanno ad interagire positivamente con tutti gli aspetti della vita!
 "liberalizziamo l'amorevolezza".
Le sale di Palazzo Ferrajoli – durante le due giornate - saranno presidiate da “facilitatori di una nuova civiltà”, ossia gli associati di “Faciviltà” e moltissimi operatori tra cui i famosi: Daniele Gullà esperto ricercatore ospite della trasmissione misteri propone un laboratorio la domenica mattina di esperienze multidimensionali dal punto di vista scientifico e un’interessantissima esperienza di foto dell’aura di nuova tecnologia sperimentale  , Anna Fermi angelologa scrittrice di molti libri d successo autrice delle trasmissione “Angeli “ di canale 5 terrà una conferenza che ci illustrerà attraverso le sue esperienze le buone soluzioni angeliche, Daisy Chittarackal medico Ayurvendico ospite della trasmissione “Alle Falde Del Kilimangiaro” offrirà consultazioni, sarà presentato il calendario della Solidarietà di Monsignor Santino Spartà giornalista-scrittore, protagonista con 12 celebri personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo
Le stanze del palazzo interpreteranno una simbolica mappa dei chakra e un accento sull’utilizzo degli emisferi cerebrali, l’ingresso al festival passerà da un salottino da cui si accederà o al chakra del cuore o all’area mercato che conduce all’area conferenze, o all’area yoga. Un po’ rappresenta la nostra vita e tutte le esperienze che attraiamo ognuno con i suoi costi e i suoi benefici, che ci arrivino di preferenza dalla nostra parte razionale o intuitiva, va sempre bene se funziona per noi! così nell’area conferenze il famoso Guglielmo Giovannelli Marconi ci introdurrà alla filosofia tibetana, Simona Zampetti esperta di finanza, ci condurrà in una conferenza sugli investimenti a risonanza positiva, Rosa Mura ci racconterà di terapeusi essena, Cristina Vignato di registri Akascici, Piersabino Di serio ci parlerà di relazioni d’amore e tanto altro!
Poi troveremo la stanza dei lavori sul corpo con yoga e massaggi, bars (testa) e riflessologia plantare (piedi) e alcuni spazi riservati leggermente nascosti dietro dei paraventi per consulti individuali, counseling, i king, massaggio sonoro con le campane tibetane, reiki, cromopuntura ecc..
Nelle tavole rotonde incontreremo seduti in cerchio insieme a noi esperti che in condivisione ci illustreranno le loro competenze sulle soluzioni in ambito pedagogico ( con i nuovi bambini, nuovi approcci educativi) con Carla Fosco counselor del Bambin Gesù, : Christian Antonio Pagano, teologo-filosofo-pedagogista delle Edizioni Paoline, Maria Grazia Abbamonte autrice di libri sull’argomento tra cui “l’ascolto dei nuovi bambini” conduce Maria Vitoria Colapietro counselor olistico, master reiki e pedagogista  con Lia Veneziani istruttrice di yoga e nuova bambina ante litteram ,  ambito sociale con i movimenti di transizione e sovranità, le nuove tecnologie che rivoluzionano totalmente in favore di buone soluzioni ecologiche in ogni ambito a cura del movimento degli scienziati, conduce Carmine Marchesciano e una tavola rotonda con rappresentanti delle comunità religiose romane in una tavola rotonda sulla pace condotta da Enzo De Caro.
E tantissimi altri tra cui Carmine Marchesiano fotografo, biopranoterapeuta e naturopata di altissimo profilo che ha sostenuto attivamente l’organizzazione del festival offrirà informazioni sulle malattie di origine sottile, Fiorella Capuano "Fondatrice del Giardino di Pace, Ambasciatrice di Pace e Cultura, Facilitatrice dello studio scientifico fondato sulla Nuova Legge del Tempo, Interprete Tzolkin", che spiegherà alcuni importanti passaggi riguardanti il nuovo tempo e offrirà un concerto di campane di cristallo per accompagnare una sessione di yoga e sostenere una meditazione. Andrea Amato dell’azienda www.aeteres.com offrirà trattamenti energetici personalizzati per ogni stanza del palazzo così da usare la migliore energia possibile per le proposte di ogni singola stanza, Marco Nieri  www.archibio.it che sta operando in un  progetto per villa Borghese terrà una affascinante relazione sui giardini bioenergetici. Molti artisti di consapevolezza vibrazionale presteranno le loro opere per vivificare gli ambienti tra cui Adriano Buldrini, Ugo Ferrero, Bianca Fossà, Maria Teresa Nisticò (Architetto-Scultrice-pittrice), Matilde Tucci (pittrice), Licia e Lucia Di Spirito (pittrici e giornaliste) ed Emanuela Tittocchia (attrice-pittrice-architetto e conduttrice di Canale 5. Monica Melani del Mitreo Iside propone un imperdibile laboratorio di pittura energetica. Giuseppe Maria Pilo emerito Professore dell'Università Ca' Foscari di Venezia. Molti musicisti offriranno la loro arte come “buona soluzione” tra cui Oscar Bonelli nella stanza multidimensionale terrà un breve concerto di elevazione ed esperienza di meditazione profonda, il giovane talento Riccardo Garcia Rubi con la chitarra Flamenca,  mariapia Orlando nutrizionista di nuovo paradigma si espreimerà in canto armonico, Mariapia Nobile accompagnerà sessioni di yoga con il suo conto lirico dal cuore, il soprano lirico Franca Sebastiani che canterà un'aria di sua composizione Poi laboratorio di teatro il sabato mattina condotto dall’associazione “la Vela di Penelope”, Francesca Romano consulente di psicobiorisonanza autrice dell’importantissimo libro “iniziazione alla voce terapia” tiene un innovativo laboratorio sulla voce,  Marta Arcieri ne propone uno di poesia creativa.
Sempre nella stanza per le esperienze multidimensionali le grandi sacerdotesse An Ra Nae e Sephirot condurranno un breve laboratorio di presentazione di miscelazione olii sacri e programmazione Cristalli….
La Dottoressa Giovanna Kiferle  fondatrice della psicologia trascendentale ci condurrà in viaggi interiori di grandi soluzioni, si potrà sperimentare la tecnica della la cromopuntura con Giovanna Cacciatore, la nutrizione evolutiva con la biologa reiki master Mariapia Orlando, Avv. Roberta Ulivari meravigliosa conferenza sulle buone soluzioni nella mediazione e mediazione familiare, Rosa Brancatella  medico psicologo associazione “le risonanze” costellatrice familiare, Silvana Munari ci delizierà conducendoci in potentissime danza sciamaniche, con  Laura Rubrianti  potremo sperimentare la gong therapy
Nel reparto mercato avremo aziende quali Alkamed meravigliosa tecnologia risolutiva per l’acqua alcalinizzata, antiche Fragranze, Chalice Well, l’UPSOL – la rivista specializzata Lux Terrae, la scuola Centro Olos, la Galleria 8, il centro Gioia Equilibrio con la Takionica e le tecniche di Roy Martina

e tutti coloro che sentono di voler dare una possibilità al bene per Roma di sostenere la manifestazione di AMOR

E’ un invito ad avere fiducia” – afferma Anna Laura Chierichetti della “Vela di Penelope” – “sperimentare la gioia varcando la soglia degli affascinanti spazi di un palazzo storico nel cuore della Città Eterna, frutto del lavoro invisibile degli operatori che hanno unito gli intenti per creare un evento visibile nella materia e percepibile nello spirito”.
Il visitatore potrà osservare se stesso nel percorso indicato, comprendere come non esista una unica giusta via, avendo coscienza che il cuore si esprime in infiniti modi di al fine del raggiungimento dell’armonia sulla terra. L’intenzione è di stimolare ad apprezzare un cambiamento di punti di vista, un miglioramento dell’umore e un nuovo senso della vita.
Dobbiamo manifestare Amore” – chiosa Pilenga – “Il cuore fa la differenza. Molte persone oggi soffrono poiché vivono paura e senso di impotenza. Il desiderio di aprirsi è presente, ma, spesso, prevale un errato senso di imbarazzo, con il timore di essere derisi. Possiamo liberalizzare la sensibilità, l’onesta, la bontà”.
La cosa che un po’ fa la differenza con le altre manifestazioni del settore, è che questo è un po’ un evento “in famiglia”, la “famiglia “ di FACIVILTA’ un gruppo di persone che dal 2012 si incontrano per delle serate di sola convivialità e affetto per condividere ispirazioni di facilitazione di una nuova civiltà da nuovi punti di vista!

FACIVILTA’ STA RACCOGLIENDO PATROCINI E “MATROCINI” DI MOLTE REALTA’ SUL TERRITORIO CHE SENTONO LA VOGLIA DI SOSTENERE QUESTA CELEBRAZIONE DI AFFETTO, SOSTEGNO E FIDUCIA PER LA CITTA’ DI ROMA


La manifestazione sostiene il progetto in nuce di FACIVILTA’ di un Telefono Indaco, un ascolto telefonico per dare una risposta ai momenti fragili della vita dal punto di vista olistico e smistare su un territorio sempre più vasto i bisogni di assistenza attraverso una rete sempre più ricca e attiva di operatori selezionati.

Ufficio Stampa e PR
Emilio Sturla Furnò +39 340 4050400info@emiliosturlafurno.it
Ingresso libero - info e prenotazioni faciviltaroma@gmail.com 377 9848073

sabato 30 agosto 2014

Françoise Gilot: "Sono l’unica amante che si è salvata da Picasso (lasciandolo)"

Françoise Gilot: "Sono l’unica amante che si è salvata da Picasso (lasciandolo)"

La mostra dell’anno, a Milano, e due film in arrivo. Pablo, l’artista perenne, raccontato da una donna che l’ha conosciuto da vicino. Tanto da vicino che, per salvarsi, ha dovuto scappare da lui. Su Panorama il meglio della stampa internazionale

  • 14-09-2012
Françoise Gilot: "Sono l’unica amante che si è salvata da Picasso (lasciandolo)"
Pablo Picasso e Françoise Gilot fotografati da Robert Capa sulla spiaggia di Golf Juan, Costa Azzurra, 1948
di Malte Herwig
Parigi, Montmartre: i pittori ambulanti riempiono la place du Tertre e ritraggono i turisti giapponesi. Della fama e dell’infamia di questo quartiere di artisti, dove vivevano Pierre-Auguste Renoir e Vincent Van Gogh, e in cui Pablo Picasso aveva un atelier, è rimasto ben poco. Un paio di vie più in là, seduta nel suo laboratorio artistico, troviamo Françoise Gilot, la donna più famosa della storia dell’arte ancora in vita: vestito rosso, capelli a paggetto, e sopra gli occhi svegli, quelle sopracciglia che catturarono Matisse. Per 10 anni è stata l’amante e la musa di Picasso, nonché la madre dei suoi figli Claude e Paloma. Ha compiuto 90 anni ma le sue mani con cui ancora oggi dipinge appaiono forti.
Nella vita di Picasso ci furono molte donne e per la maggior parte di loro l’amore per lui finì in tragedia.
Davvero! Marie Thérèse Walter si impiccò, Jacqueline Roque si sparò, Olga Chochlova e Dora Maar persero la ragione. Solo io sono ancora viva e vegeta.
Nel suo libro, Vita con Picasso, riporta una frase dell’artista: "Ogni volta che cambio donna dovrei bruciare la precedente. Così me ne sbarazzerei".
Pablo diceva che in quel modo avrebbe potuto riacquistare la sua giovinezza. L’idea che una delle sue donne potesse vivere più a lungo di lui lo faceva infuriare. Una volta mi disse: "Tu non vivrai più a lungo di me".
A 90 anni e 6 mesi espone in America, Francia e Germania: non sembra affatto stanca. Tra 12 mesi lei avrà vissuto più a lungo di Picasso...
Lui direbbe che questa è la dimostrazione che non mi ha fatto soffrire abbastanza.
Per lui esistevano solo due tipi di donne: dee e vipere. A quale categoria si iscrive?
Quando ero incinta di Paloma, Pablo si recò a Varsavia a una conferenza sulla pace. Doveva trattenersi solo un paio di giorni e promise che mi avrebbe scritto. Invece fece scrivere i telegrammi al suo autista e stette via per quattro settimane. Quando rientrò, con un grande sorriso mi chiese se ero felice  del suo ritorno: lo presi a schiaffi. Almeno quella volta fui una dea. Da quel momento quando era via mi scriveva ogni giorno.
Lo ha descritto come un uomo molto possessivo. Voleva che lei indossasse un lungo vestito nero, quasi come un burqa. Perché?
Si potrebbe dire che era un talebano. Oppure provi a pensare all’inquisizione: gli spagnoli sono inclini al sadismo in forme estreme e in Pablo era una parte importantissima della personalità. Una volta, scherzando, gli dissi che era il diavolo, lui mi lanciò uno sguardo perfido e penetrante e rispose: "E tu sei un angelo uscito dalla brace e quindi mia sottomessa, ti marchierò". Avvicinò una sigaretta alla mia guancia, ma non gli diedi soddisfazione, non battei ciglio. Alla fine disse: "No, potrei volerti guardare ancora in futuro".
Quando la volle presentare a Henri Matisse, le fu permesso di indossare un abito colorato.
Indossai una camicetta lilla e pantaloni verdi: sapevo che gli sarebbero piaciuti i colori, conoscevo i suoi dipinti. Matisse aveva un umorismo subliminale e si comportò come se non sapesse della mia relazione con Pablo. Gli disse che desiderava dipingere il mio ritratto, con il corpo blu e i capelli verdi. A casa, Pablo borbottò: "Come osa? Lo faccio io". Eravamo insieme da tre anni ma non mi aveva mai fatto un ritratto.
Che rapporto c’era tra i due?
Erano amici. Matisse aveva un paio d’anni in più ed era paterno, a Pablo non dispiaceva e accettava. Una volta, scherzando, Matisse disse che erano come i due poli della Terra. Lui veniva dal nord della Francia, Pablo dal sud della Spagna. Pablo rispose: "Bene, io sono il Polo Sud, è più freddo".
Pare che gli incontri tra i due richiedessero sempre un grande sforzo diplomatico. Che atmosfera si respirava?
Si scambiavano poche parole, si osservavano. Si consideravano dei sovrani. Erano i più grandi geni dell’epoca. Si parla sempre di una repubblica delle arti in cui tutti sono uguali. Non è così, alcuni sono più uguali di altri.
Perché lei smise di dipingere mentre stava con lui?
Non c’era spazio e non potevo occupare troppo posto, le tele sono grandi. Mi limitai a disegnare finché restammo insieme.
Quando, 7 anni dopo, lo lasciò, Picasso predisse che sarebbe stato solo grazie a lui che la gente si sarebbe interessata a lei.
Lo lasciai nel 1953, quasi 60 anni fa. Da allora ho fatto tutto ciò che ho voluto. C’era una grande affinità tra il mio stile e quello di Pablo. Ma si potrebbe dire lo stesso di Matisse e Georges Braque. Mi piace moltissimo anche il primo Rinascimento italiano. Non abbiamo genitori nella pittura, ma solo antenati.
Come mai le artiste donne sono spesso all’ombra degli uomini dominanti? All’ultima asta da Christie’s, a New York, il rapporto era di 11 a uno. Il dipinto più costoso del dopoguerra, Orange, Red, Yellow di Mark Rothko è stato venduto per quasi 87 milioni di dollari (circa 70 milioni di euro), mentre il dipinto più costoso di una pittrice, Louise Bourgeois, è stato venduto a soli 10,7 milioni di dollari.
Le donne ricavano meno dalla loro arte. A tutt’oggi le gallerie espongono molte più opere di artisti uomini. Ma noi donne siamo parzialmente colpevoli. Siamo sempre molto narcisiste: raramente troviamo il coraggio di diventare noi stesse e di definire i limiti.
Lei è stata una donna audace?
La paura non mi ha mai sfiorata. Avevo 13 anni, quando salii in piedi su un balcone alto e qualcuno gridò che avrei dovuto saltare. Così saltai e mi ruppi un piede. Però saltai. Se vengo stuzzicata, reagisco: sempre avanti! I miei genitori volevano un maschio e invece sono arrivata io. Così ho dovuto sviluppare il corpo e la mente come quelli di un ragazzo. Molto presto mi incitarono a praticare sport come l’equitazione, lo sci e il nuoto. Mi aiutarono a prendere confidenza e a non avere paura. In seguito se ne pentirono, non avevo più paura di loro.
Suo padre insistette affinché lei studiasse giurisprudenza. Come riuscì a realizzare lo stesso il suo sogno e diventare pittrice?
Prima studiai filosofia e poi iniziai giurisprudenza. Parigi era già occupata dai tedeschi, quando marciai verso l’Arco di trionfo con i miei compagni di università, l’11 novembre 1940. Fummo arrestati e il mio nome entrò a fare parte della lista degli ostaggi. Se un soldato tedesco fosse stato ucciso nel mio quartiere, i tedeschi avrebbero ammazzato 50 francesi di quella lista. Dovetti presentarmi ai comandanti ogni giorno per tre mesi. Mi sottrassi fingendo di avere interrotto gli studi di legge, che i tedeschi odiavano: dissi di essere una fashion designer e mi lasciarono andare.
Quando conobbe Picasso?
Nel 1943, e sebbene la nostra storia abbia avuto un inizio e una fine, fu la più grande passione della mia vita. Non ho mai più vissuto né amato così intensamente. La nostra relazione è scritta dentro di me con lettere di fuoco.
Parigi era occupata e a causa della pittura i suoi genitori la diseredarono. Fu una buona idea mettersi con un pittore di 40 anni più vecchio che, oltretutto, aveva altre due amanti e una moglie pazza che lo assillava?
Fin da subito ebbi la sensazione che le cose non avrebbero avuto un lieto fine. Finché non andammo a vivere insieme, la nostra relazione andava a gonfie vele. Ma Pablo voleva che io mi trasferissi da lui e dopo tre anni cedetti. Vivere con lui significò subirne completamente il fascino, il che è insopportabile con una persona così autorevole. Sapevo che la storia era destinata a fallire, ma fu un fallimento che meritava di essere vissuto. Con Picasso la vita non fu mai noiosa. Di mattina, ovvero prima delle 2 del pomeriggio, Pablo era molto depresso. Diceva che la sua vita era noiosa, che non gli interessava più nulla. La sera, però, era al settimo cielo. Era volubile, ma anche incredibilmente abile e intelligente. Non ho più incontrato una persona con cui dialogare in quel modo.
È vero che gli piaceva citare G.W.F. Hegel?
Sì. Io però avevo studiato molta più filosofia di lui. Tuttavia, Pablo era sempre circondato di poeti e autori e aveva potuto assorbire le loro idee senza doverle studiare. Il grande naturalista Georges Cuvier era in grado di ricostruire un intero brontosauro da un osso minuscolo e Pablo era solito creare un intero edificio di idee con un pizzico di Hegel. Non ha apprezzato, però, che io l’abbia scritto nel mio libro. Non voleva essere visto come un pensatore, ma come un animale selvaggio, una forza della natura, ma lui non era affatto così. Possedeva un’incredibile complessità intellettuale.
Ed era pieno di contraddizioni: se da un lato era ateo, dall’altro la obbligò a giurargli amore in un angolo buio di una chiesa. Non è ipocrisia?
Picasso non era ateo, era lui stesso un dio. Gli spagnoli amano negare Dio, ma alla fine sono molto più religiosi degli altri. Non temono le contraddizioni interiori. A Pablo piaceva comportarsi come una persona normale, ma nel contempo gli piaceva sparlare di pittori come Maurice de Vlaminck che portavano scarpe di legno piene di paglia. Riteneva che fosse una cosa primitiva. Uno dei suoi motti era: un pittore deve essere troppo povero per permettersi una mucca ma abbastanza ricco per permettersi un autista.
Picasso ha dichiarato che lei è "la donna che dice no".
Non conosceva obiezioni. A un certo punto era rimasto solo. Spesso chi acquisisce fama mondiale diventa automaticamente una persona molto sola. Pensai che rispondendogli potevo fare qualcosa per lui: davo sempre una risposta ai quesiti che mi poneva.
Lei è l’unica donna che abbia lasciato Picasso. Se n’è mai pentita?
No. La situazione era diventata davvero insostenibile. Avevo aspettato abbastanza, anche per via dei bambini. Pablo ne voleva addirittura un terzo per tenermi ancora più vicina, però io no. Realizzò poi, invece, la scultura di una donna incinta. Non mi piaceva molto e quando glielo dissi le tagliò i piedi.
Picasso la minacciò: "Nessuna lascia un uomo come me".
E io replicai: aspetta e vedrai. Era una provocazione e pensava che il suo potere su di me fosse invincibile. A un certo punto il suo sadismo mentale era persino peggiore della sua crudeltà fisica: ecco perché il mio amore per lui finì. Non ho mai amato nessuno così intensamente, ma non volevo neppure essere una schiava: se fossi rimasta, i miei figli ne avrebbero risentito negativamente.
Picasso partecipava all’educazione dei vostri figli mentre vivevate ancora insieme?
Sarebbe stata una sventura. Pensi a suo figlio maggiore, povero Paulo: non ha mai ricevuto un’istruzione decente. Dopo la nostra rottura, portai i miei figli a Parigi dove frequentarono una buona scuola. Vedevano il padre solo durante le vacanze, d’estate o a Natale.
Finché 11 anni dopo non fu pubblicato il suo libro e lui interruppe i contatti con lei e con i figli per sempre, per ritorsione.
Il libro fu solo un pretesto. Comunque non era contro di lui, anche se fu interpretato così.
È vero che Picasso minacciò di boicottare i proprietari delle gallerie parigine che esponevano le sue opere?
Non solo, le persone del suo entourage fecero anche in modo che i giornali pubblicassero solo le recensioni negative sui miei dipinti. Con alcune eccezioni: Alberto Giacometti, per esempio, mi chiamava ogni due settimane e mi rilanciò. Tutti gli altri mi davano la caccia come un branco di lupi. Pablo fece sì che la vita in Francia diventasse molto difficile per me. Grazie a Dio, alla fine degli anni 50 riuscii a esporre le mie opere in altri paesi.
Picasso tentò persino di fare proibire il suo libro da un tribunale.
Sì, ma la mia casa editrice e io vincemmo la causa perché io riuscii a dimostrare che tutto ciò che avevo scritto corrispondeva al vero. Vincemmo anche la causa d’appello perché il giudice decretò che la storia era di pubblico interesse. Sa cosa successe allora? Non parlavo con Pablo da 2 anni e il giorno dopo la sentenza mi chiamò e mi disse: "Congratulazioni, hai vinto e sai che a me piacciono i vincitori". Era il suo lato migliore. Combatteva contro di te fino alla morte, ma quando era tutto finito, sapeva accettare il risultato.
Lei ha pagato un prezzo altissimo ed è andata in America, dove ha sposato Jonas Salk, che sviluppò il vaccino antipolio.
Fu la decisione migliore della mia vita. Picasso e i suoi amici fecero di tutto per distruggermi. Se fossi rimasta qui, avrei perso tempo a combatterli senza arrivare a nulla. Così dissi: ragazzi, divertitevi, non mi interessa ciò che dite su di me, io sono diretta altrove.
Lei ha esposto le sue opere ogni anno: ha dimostrato che Picasso aveva torto.
Per me la pittura è un modo di scoprire l’ignoto. Bisogna reagire al mondo, essere attivi e non mezzo morti. Dobbiamo vivere finché siamo vivi. I rimpianti sono solo una perdita di tempo. Inoltre, è molto più interessante vivere momenti tragici con persone interessanti che vivere una vita meravigliosa con una persona mediocre. Una persona mediocre non ti dà pace: distrugge anche te, ci mette solo un po’ di più.
Che cosa intende dire?
È semplice, renderà noiosa la tua vita. Se si vuole vivere veramente, si deve rischiare clamorosamente, altrimenti la vita non vale la pena di essere vissuta. Se si rischia, si attraversano momenti terribili, ma si impara tanto, si vive di più e si capisce di più. Non si diventa noiosi. La cosa peggiore è proprio diventare noiosi.

venerdì 22 agosto 2014

Lettera d'Amore di San Francesco a Chiara

Lettera D’AMORE scritta da San Francesco a Santa Chiara

Per puro “caso” stamattina ho trovato questa lettera d’amore che lui ha scritto a Chiara poche ore prima di sua morte.

Quando Francesco morì, Frate Rufino consegnò a Chiara, che restò con il Santo fino all’ultimo, la sua bisaccia. Quando Chiara l’aprì, all’interno c’era la sua ciotola di legno, il suo cucchiaio, alcuni semi, una penna, un piccolo vaso d’inchiostro, e poi una pergamena più volte ripiegata, tutta accartocciata. Con le mani che le tremavano Chiara dispiegò la pergamena e decifrò le goffe lettere che Francesco aveva faticosamente vergato negli ultimi istanti della sua vita… e non potè mai più dimenticarne il contenuto!
All’anima che sa leggere nella mia,
e che ne comprende le gioie e i dolori,
voglio confidare queste parole:
all’alba della mia dipartita, al crepuscolo del sentiero che ho scelto,
posso finalmente affermare, completamente in pace,
che la nostra ferita, in questo mondo, non sta nè nella ricchezza nè nella povertà,
ma nella nostra dipendenza da uno di questi due strati,
nel fatto di immaginare che l’uno o l’altro possano offrirci gioia e libertà.
Sta anche nel fatto di essere convinti che l’Altissimo Signore
abbia bisogno delle sofferenze di noi creature, per aprirci la porta della sua luce.
La nostra ferita, infine, è il convincimento
che Egli abbia bisogno di sacrificarSi sotto forma di suo Figlio,
o sotto forma umana al fine di salvarci.
Chi mai, tranne noi stessi,
per mezzo della purezza del cuore, potrà salvarci?
In verità il Buon Signore mi ha mostrato
che non vi era alcun riscatto,
alcun sacrificio da perpetuare.
Mi ha insegnato, in silenzio,
che sarebbe bastato uscire dall’ignoranza, dall’oblio, e amare.
Amare la vita in ogni forma,
e con tutti i mezzi che la rendono bella,
amare la sua Unità in ogni cosa e in ogni essere.
Possa tutto questo venir detto, un giorno,
tanto alle donne come agli uomini;
possa venir detto e insegnato meglio di quanto io abbia saputo fare,
senza nulla respingere dell’Acqua nè del Fuoco.
Il mio augurio è che non ci siano più nè Chiese,
nè preti, nè monaci, niente di tutto questo:
che vi sia soltanto l’Altissimo e noi,
perchè sta ad ognuno incontrarlo in se stesso…
Ora che il velo si squarcia,
voglio andarmene nudo come sono venuto al mondo.
E non parlo della nascita del mio corpo,
ma della vera nascita della mia anima,
del giorno in cui ha trovato il coraggio
di scendere più a fondo nella carne
per offrirsi all’Eterno,
così in Alto come in Basso”.

Giovanna Marinelli assessore alla cultura di Roma

Il Giornale dell\ ilgiornaledellarte.comwww.allemandi.com

Notizie


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Il nuovo assessore alla cultura di Roma è Giovanna Marinelli

La nomina dopo 50 giorni di inspiegabile sede vacante. Il mondo dell’arte boccia il sindaco Marino

Il sindaco di Roma Ignazio MarinoRoma. Dopo un anno di inconsistente assessorato di Flavia Barca, il sindaco di Roma Capitale Ignazio Marino ha impiegato 50 giorni per designare il nuovo assessore alla cultura della città d’arte più grande e antica del mondo. È Giovanna Marinelli, 67 anni, nel 2001-2008 direttore del Dipartimento cultura del Comune e braccio destro dell’allora assessore alla cultura Gianni Borgna, prima e dopo una vasta esperienza nel governo delle istituzioni teatrali.
L’assessore ora c’è, ma è il metodo Marino che non convince più, anzi, la sua assenza di metodo. Roma langue, il Macro non ha direttore da oltre un anno, molti musei rischiano la chiusura o l’accorpamento, teatro e musica non hanno più fondi.
Il sindaco Ignazio Marino sorride e promette, messo sotto pressione da accorati e autorevoli appelli ha nominato l’agognato assessore, ma sempre più chiaro appare che il problema non è (solo) economico ma profondamente culturale: il sindaco non ha una visione.
Nei giorni precedenti la nomina di Giovanna Marinelli, abbiamo chiesto ad artisti e intellettuali un commento o un appello da rivolgere al sindaco. Il mondo dell’arte della capitale si è espresso così:

Massimiliano Tonelli, direttore di «Artribune»
Il sindaco sarebbe giustificato a disinteressarsi della cultura se assorbito al 100% a risistemare la città dal punto di vista economico, del degrado, della legalità, dell'appeal turistico ormai perduto, della morsa della malavita in ogni comparto produttivo, dell'inefficienza totale ad ogni livello, del funzionamento inaccettabile dei servizi a rete (dai trasporti alla luce, dall'acqua ai rifiuti). E invece non è così: la cultura è abbandonata, ma in cambio l'amministrazione non appare concentrata su nulla di più importante benché qualcosa di più importante da fare effettivamente ci sarebbe pure. E allora?
Alfredo Pirri, artista
Marino è un albero secco da tagliare perché penetri più luce.
Claudio Libero Pisano, curatore
Che ci faccio qui?
Edoardo Sassi, giornalista
Caro sindaco Marino, ora che un assessore c'è (sia pure con clamoroso ritardo) perché non smetterla di stringere accordi «culturali» in cambio di soldi (a volte neanche molti, vedi il milione di euro dell'Azerbaigian) o scambi avvilenti, con Paesi che non rispettano i diritti umani? Immorale, vergognoso vederla saettare di gioia dopo l'apertura della borsa da parte dell'Arabia Saudita, Paese dove, per dirne solo una, l'omosessualità è punita con la pena di morte? Ah già, pecunia non olet, dicevano i Romani.
Raffaele Gavarro, storico dell’arte
Egregio sindaco Ignazio Marino, una volta conclusa la difficile partita del bilancio, non ritiene che sia arrivato il momento di illustrare ai cittadini romani quali sono le sue idee, e quelle della sua giunta, a proposito delle politiche di sviluppo economiche e culturali nei prossimi anni?
Ludovico Pratesi, storico dell’arte
Roma è una delle venti città simboliche del pianeta. Per rilanciare la sua immagine internazionale sarebbe opportuno promuoverla con una grande visione culturale, in grado di tutelare il passato, promuovere il presente e costruire un futuro capace di proiettare il suo inestimabile patrimonio con la creatività contemporanea ai livelli simbolici più alti. Una visione che unisca i Fori con il Macro, i Capitolini con il Palaexpò, le Scuderie con Villa Torlonia, il Bilotti con la Galleria Comunale d'Arte Moderna, in un racconto per immagini e idee fortemente innovativo.
Lucilla Meloni, storico dell’arte
Roma è sospesa sul baratro ed è lampante l'assenza di un progetto politico, culturale e amministrativo. Mi chiedo, e chiedo al sindaco Marino, se abbia riflettuto sufficientemente sul ruolo che andava a occupare, nel momento in cui si è candidato. Mi chiedo, e gli chiedo, perché non sia riuscito a nominare prima un altro assessore alla cultura (cercandolo anche fuori dalla politica). La logica dell'immobilismo, che tutto sembra pervadere, di fatto, riporta Roma indietro di decenni.
Adriana Polveroni, direttore di «Exibart»Dopo la pedonalizzazione di via dei Fori Imperiali, il sindaco ha qualche altra idea in programma?
Giorgio Manacorda, storico della letteratura
Fare politica è una cosa che ti può essere perdonata, amministrare una città (e una città come Roma) invece non consente sconti. Forse non lo sapeva quando si è candidato. Sono decenni che è passata l’idea che per fare politica devi venire dalle professioni, dalla cosiddetta società civile. È vero il contrario: la politica e l’amministrazione sono due cose intrinsecamente legate. E poi ci vuole quel particolar talento, che Marino chiaramente non ha.
Patrizia Ferri, storico dell’arte
La cosa più irritante è la latitanza totale dell’Amministrazione comunale, l’indifferenza manifestata sul piano della gestione culturale e territoriale di una città che enuclea una complessità di piani che vanno dall’archeologia al contemporaneo: una situazione sollevata da più parti che non ha trovato ascolto, e che si ha avuto l’arroganza di chiudere ad ogni forma di contributo da parte di esperti del settore. Roma è oggi, forse come non è mai stata prima, una città alla deriva.
Marco Di Capua, storico dell’arte
In un incontro di un paio d'anni fa, presentai Marino al cosiddetto mondo dell'arte, ma i temi che sollevai erano soprattutto sulla tenuta «civile» della città. Era un mistero per me come qualcuno potesse desiderare di diventare sindaco di una città difficile come Roma. Per il momento mi è chiaro, invece, quanto sarebbe stato meglio se Marino non lo avesse mai desiderato.
Alessandra Mammì, giornalista
Camminando fra cassonetti stracolmi e miasmi, tavolini invasivi in piazza della Maddalena con tovaglie a quadretti e cartelli acchiappaturisti che annientano ogni decoro urbano; fra cosiddetti artisti di strada provvisti di basi musicali e casse che fan tremare le finestre al Pantheon, tra bancarelle che nascondono la vista di Fontana di Trevi e mentre attendo autobus che non arrivano: Marino è riuscito nell'impresa impossibile di far pensare persino a me che l'assessorato alla Cultura non è più la priorità in tanto sfascio.
Giovanni Albanese, artista
Caro sindaco Marino, perché ogni tanto non scende dalla sua fiammante bicicletta, si toglie caschetto e perenne sorrisetto ed entra in un museo della nostra città, ad esempio il Macro? Vedrà un panorama da Siberia nera e potrà sentire il gelo che si respira lì ormai da troppo tempo.
Se poi si vuole proprio rinfrancare faccia una visita al Maam, sulla via Prenestina, non le dico cos'è, spero lo scoprirà da solo (ps: arrivarci in bici non è pericoloso).
Alberto Dambruoso, storico dell’arte
Gentile sindaco Marino, com'è possibile aver ridotto un museo dei romani e di tutti gli italiani come il Macro al disastroso stato attuale, tagliandogli forsennatamente tutti i fondi necessari alla programmazione annuale, non dandogli una guida direttiva da oltre un anno e riducendolo infine a un ufficio comunale qualunque che offre i suoi spazi espositivi alla mercé del primo venuto in grado di pagare le spese per una mostra, senza tenere conto se questa abbia o meno i benché minimi requisiti qualitativi? Come è possibile questo scempio culturale e politico e soprattutto perché? Perché a Lei dell'arte o della cultura in generale non gliene importa proprio un bel niente?
Luca Zevi, architetto
Per quanto riguarda la richiesta al sindaco in materia di politiche culturali, gli chiederei di individuare un assessore giovane, capace di ascoltare e interpretare le pulsioni culturali profonde che si nascondono sotto la coltre cinica dell’ambiente romano.
Giorgio Di Genova, storico dell’arte
Votando Marino, speravo di vedere una rinascita di Roma. Purtroppo molte cose sono rimaste come ai brutti tempi della pessima gestione di Alemanno e molte altre sono peggiorate. Il sindaco Marino sarà stato un ottimo medico, ma come sindaco non funziona. Anzi è latitante sulle questioni fondamentali e indispensabili per una capitale, tra cui la cultura, che sembra per lui un aspetto del tutto secondario, tant'è che per troppi mesi non è riuscito a trovare il tempo di pensare come sostituire l'assessore alla cultura e chi nominare come direttore del Macro, mostrandosi nei fatti un pervicace continuatore della politica di Tremonti, che ebbe a dire che «con la cultura non si mangia» e della Gelmini, che ha inferto colpi mortali all'insegnamento della storia dell'arte, che dovrebbe essere primario per una nazione come l'Italia; sul patrimonio artistico potrebbe infatti ottenere una cospicua parte di quella crescita sia culturale sia economica di cui si ha estremo bisogno.
Gabriele Simongini, storico dell’arte
Al sindaco rivolgo un appello storico: Fate presto! I 61mila euro dati al Macro per l'intero 2014 svelano indifferenza, incuria, miopia. Attendiamo un assessore dinamico e competente e anche una faccia nuova visto che la vecchia la stiamo perdendo di fronte al mondo...
Dalma Frascarelli, storico dell’arte
A nome dell’Accademia di Belle Arti di Roma chiedo un sostegno concreto allo sviluppo culturale di Roma: si consegnino subito i locali di Campo Boario all’ex Mattatoio di Testaccio all’Accademia di Belle Arti, come programmato da anni, per realizzare laboratori e aule, come volano per il distretto delle Arti di Testaccio.
Ilaria Schiaffini, storico dell’arte
L’incredibile ritardo nella nomina del Direttore del Macro ha fatto disperdere un patrimonio di reputazione, anche internazionale, che il museo negli anni aveva conquistato. Una grande capitale dell’arte non può permettersi di rimanere tanto tempo senza guida in un settore decisivo e vitale come quello della cultura.
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di Guglielmo Gigliotti, edizione online, 15 luglio 2014


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