martedì 3 novembre 2015

Dora Maar, amante e musa di Picasso

Dora Maar, il cui nome di battesimo era Henriette Theodora Marković, nacque in Croazia da Josip Marković, architetto croato famoso in Sud America, e Julie Voisin, appartenente a una famiglia cattolica di Touraine, Francia.[2]

L'incontro con Picasso

Pubblica le sue prime foto nel 1930 e l’anno seguente lavora con il fotografo ungherese Brassaï. Nel 1931, in società con Pierre Kéfer, apre uno studio fotografico, operando nel settore della moda e della pubblicità, firmando le sue foto Kéfer-Dora Maar. Di estrema sinistra, diviene famosa con la sua Rollei, per le istantanee che ritraggono la mondanità francese. Le sue foto vengono pubblicate su riviste prestigiose come Madame Figaro. Diviene prima la compagna del cineasta Louis Chavance, e in seguito del poeta Georges Bataille. Espone all’Internazionale della fotografia di Bruxelles ed alla mostra dello studio Saint-Jacques per la "Constitution des Artistes Photographes". Georges Bataille la introduce nella cerchia dei surrealisti, dove conosce Breton, Eluard, Leiris, Man Ray. Prende parte all’attività del gruppo con alcune foto e fotomontaggi; ritocca i negativi, utilizza solarizzazioni, collage, fotomontaggi e sovrapposizioni.
Maar era già conosciuta come fotografa prima di incontrare Picasso. Il primo incontro avvenne a Parigi nel 1935 sul set del film Le crime de Monsieur Lange di Jean Renoir quando lei aveva 28 anni e lui 54. Il secondo sulla terrazza del caffè Les Deux-Magots a Saint-Germain-des-Prés dove Dora, seduta da sola a un tavolino, colpiva con un coltellino lo spazio tra un dito e l'altro della mano, inguantate di bianco, non fermandosi se si feriva. Li presentò il famoso poeta Paul Éluard, che accompagnava Picasso. Il pittore si fece dare i suoi guanti insanguinati e li espose su una mensola del suo appartamento. Picasso era affascinato dalla bellezza e dallo spagnolo fluente di Dora, che era cresciuta in Argentina[3].
Poco dopo quest'incontro trovò a Picasso un nuovo appartamento in affitto, in Rue des Grands-Augustins, mentre lei restò nella casa dietro l'angolo, potendo accedere allo studio dell'artista solo su invito.
Picasso adorava umiliare Dora, tanto da convincerla ad abbandonare la fotografia per la pittura, campo in cui non poteva competere con l'artista. La faceva ingelosire, essendo ancora legato a Marie-Thérèse Walter, che gli aveva dato anche una figlia, Maya. L'ormai ex-fotografa fu sopraffatta dalla personalità del pittore: divenne la sua musa privata e la ritrasse in numerosissimi dipinti, ma era vista anche come l'incarnazione stessa del dolore[4]. Picasso iniziò a dipingere Guernica usando il volto di Dora per ritrarre la figura che sorregge la lampada al centro, e lei, affascinata dalla potenza figurativa del dipinto, riprese in mano la macchina fotografica e cominciò a scattare. Gli scatti fotografici che la resero famosa al mondo artistico testimoniano ancora oggi l'evoluzione dell'opera e furono pubblicati nel numero 4-5 della rivista Cahiers d'art del 1937[5]. Insieme, lei e Picasso studiarono diversi tipi di stampe con Man Ray.
La loro relazione durò quasi nove anni. Dora Maar fu lasciata da Picasso, che nel 1943 aveva appena incontrato la giovanissima Françoise Gilot, e cadde in una profonda depressione, soffrendo anche per la propria sterilità, che la costrinse a farsi ricoverare in una clinica psichiatrica. Fu sottoposta a numerosi elettroshock e presa in cura dallo psicanalista dello stesso Picasso, Jacques Lacan, che riuscì a farle accettare la malattia.

Periodo dopo Picasso

Nella Parigi del 1944, ancora occupata dai nazisti, Picasso le lasciò un disegno del 1915 come regalo d'addio; ritraeva Max Jacob, caro amico di Picasso appena deceduto nel campo di concentramento di Drancy dopo essere stato arrestato dai nazisti. Picasso le lasciò anche alcune nature morte e una casa a Ménerbes, in Provenza. Dora conservò questi dipinti fino alla sua morte, avvenuta nel 1997. Fu una delle poche amanti a sopravvivere a Picasso non suicidandosi, sebbene dicesse Io non sono stata l'amante di Picasso. Lui era soltanto il mio padrone[6].

Carriera fotografica

Dora Maar si fece conoscere negli anni '20 e '30 come fotografa commerciale con ritratti e pubblicità, e nel tempo libero sperimentava la street photography e le avanguardie.
Nelle sue fotografie la Maar tinse i mendicanti ciechi e i bambini disadattati di un'inusuale dignità; rese austeri i collage e le immagini surrealiste (un paio di scarpe che stanno apparentemente passeggiando sulla spiaggia) e creò due opere spettrali capovolgendo il soffitto di una cattedrale.
Impresse su pellicola ciò che potrebbe essere classificato come street surrealism: una bambola abbandonata sospesa con un chiodo a una recinzione in legno; un gruppo di bambini che si azzuffano con una paio di gambe in più. La sua opera fotografica si distingue per una limpidezza formale e un'emozione diretta.

Note

  1. ^ Caws
  2. ^ (EN) A tortured goddess, su The Guardian, 7 ottobre 2000.
  3. ^ (ES) Henriette Théodora Markovich - Dora Maar (1907-1997), su Febrero Loco, 17 settembre 2007.
  4. ^ Francesca Bonazzoli, Il macabro valzer delle sue donne, 20 settembre 2012.
  5. ^ Concita De Gregorio, Dora, musa inquieta dietro il capolavoro, in La Repubblica.
  6. ^ Giuseppe Scaraffia, Dora nelle grinfie di Picasso, su Il sole 24 ore, 25 settembre 2011.

Bibliografia


Mario Fasciano e Rick Wakeman - Che Sogno.avi

domenica 26 aprile 2015

Come proteggersi dalla muffa

 
Antiestetica e insalubre, si forma a causa di infiltrazioni o eccessiva umidità. Ecco come intervenire nell’immediato, quali sono le cause e quali comportamenti evitare, partendo da una domanda dei lettori.
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In alcune stanze della mia abitazione (tutte dipinte con lavabile bianca,  si formano delle muffe a "macchia di leopardo", sempre negli stessi punti ossia dove si trovano i pilastri e i travi di calcestruzzo, sulle pareti di mattoni forati il fenomeno è molto meno intenso, praticamente inesistente , solo sfumato man mano che ci si allontana dal cemento armato. Ho provato delle costose vernici antimuffa (che hanno un lievissimo odore di zolfo) ma le muffe ricompaiono dopo 3, massimo 4 anni. Attualmente utilizzo comune candeggina spruzzata con un erogatore spray,  ripetendo l'operazione fino alla scomparsa delle muffe , a intervalli di 24 ore.
Con tale soluzione il lavoro è poco e la spesa irrisoria ma ovviamente nel giro di un annetto le muffe  si riformano.
Escludendo un costoso intervento di cappottatura esterna, quali altre soluzioni potete consigliarmi? Un rivestimento murale in sughero di 4 mm, incollato alla parete, potrebbe risolvere il problema?
Ringraziando per l'eventuale attenzione porgo i più cordiali saluti,
Regina


Risponde l’architetto Paola Nisticò di Roma
La muffa è un sintomo di condensa presente all'interno o sulla superficie della parete: essa si manifesta quando la parete esterna dell’edificio non è adeguatamente isolata.
In conseguenza di ciò il vapore acqueo, contenuto nell’aria sotto forma di umidità relativa, nel passaggio dell’aria da una temperatura più alta (interna) a una più bassa (esterna) si condensa. Questo avviene specialmente d'inverno. Un altro fattore che può essere causa di muffe è l'infiltrazione dell’acqua piovana dalle superifici esterne qualora non ci fossero un buon intonaco né una buona pittura (sono molto consigliate quelle acril-silossaniche).
I punti critici, in cui questo fenomeno è più evidente, sono le intersezioni tra pilastri e muratura, dove, per differenza di porosità dei componenti, c’è discontinuità di materiale e un passaggio di calore più rapido (ponti termici).
Affinché questo passaggio di calore non si manifesti la parete deve essere adeguatamente coibentata e la faccia interna deve avere una temperatura vicina a quella dell’ambiente che delimita (se nell’ambiente ci sono 20°C, la parete interna dovrebbe misurane 15°C).
Nel suo caso la parete perimetrale non possiede queste caratteristiche e va quindi adeguata.
Intanto le consiglio di ventilare l’ambiente e asciugare con un deumidificatore. Pitturare non è un rimedio definitivo, anche se esistono alcuni tipi di pitture con buone caratteristiche di isolamento.
Sono diversi i parametri che contribuiscono al mantenimento dell’umidità relativa all’interno di un ambiente, ma, un ruolo fondamentale, viene svolto dalla resistenza termica della parete, ovvero dalla sua capacità a non far passare il calore dall’interno verso l’esterno.
Inoltre gli ambienti devono essere mantenuti asciutti consentendo una ventilazione naturale, se poi si tratta di ambienti come cucine e bagni dove la presenza di vapore acqueo è maggiore o di pareti con esposizione svantaggiata, non credo che i rimedi empirici possano fare qualcosa.
repubblica.it

Transavanguardia totalmente oltre l'avanguardia

di Flavia Molinari // pubblicato il 09 Gennaio, 2012
Paladino-senza titolo
Per godere con maggiore intensità la visita a una mostra si può cercare di fare una sorta di viaggio iniziatico che ci dia, se possibile, una disposizione d'animo e una preparazione interiore. Per questa ragione mi pare importante anche la scelta del percorso che si compie per arrivare al luogo dell’esposizione.
A Milano per raggiungere Palazzo Reale consiglio di prendere la metropolitana gialla e salire le scale che si trovano proprio di fronte alla barriera di uscita: salendole si vede sullo sfondo prima stagliarsi alcune guglie del Duomo, poi man mano la facciata si manifesta in tutta la sua particolarità.
Sicuramente la sensazione di meraviglia che mi prende tutte le volte che faccio questa “emersione” con la mente liberta dall’assillo delle numerose incombenze quotidiane coinvolgerà chiunque, ben predisponendolo a guardare ciò che troverà al di sopra.
Come sempre una tappa obbligatoria di piazza Duomo a Milano è Palazzo Reale dove adesso, oltre Artemisia Gentileschi e Paul Cézanne, si può vedere, sino al 4 marzo, La Transavanguardia italiana, una antologica davvero con i “fiocchi”.
Così dopo le vibrazioni create dentro di noi dalla suggestiva apparizione del Duomo, siamo pronti a apprezzare pienamente una produzione artistica così originale da non suscitare mai noia in chi guarda perché la trama del suo racconto poetico è tessuta con i colori più belli del mondo.
Demaria
Sapere poi che questa mostra è curata da Achille Bonito Oliva, il teorico del movimento che nel 1979 ha coniato il termine Transavanguardia scrivendo un articolo su Flash Art, dà la sicurezza che le opere scelte sono tutte un eloquente saggio del percorso e della sperimentazione dei cinque artisti protagonisti, tutti insieme, di questo movimento, pur mantenendo ognuno una ben definita personalità. Questo movimento si stacca completamente dalle regole imposte da arte povera, concettuale e minimalista che avevano dominato negli anni sessanta e settanta: gli artisti puntano di nuovo sulle loro capacità manuali e pittoriche all’interno del nomadismo culturale e dell’eclettismo stilistico che li caratterizza e che trapela dalle frequenti citazioni di artisti e movimenti del passato.
Sandro Chia, Due Solitari, 1981
Ma guardiamo come ogni artista è riuscito a manifestare se stesso cominciando (in ordine alfabetico) da Sandro Chia (Firenze 1946), un vero maestro nella capacità di riuscire a lavorare con i materiali più disparati. Dopo l’iniziale esperienza concettuale, Sandro ha iniziato a dipingere opere di carattere figurativo e neoimpressionista alla fine degli anni settanta.
Di solito nelle sue opere la presenza di elementi autobiografici si fonde con grande raffinatezza alle reminiscenze di opere manieriste, futuriste o della pittura tipica degli anni trenta.
Il risultato sono i suoi caratteristici personaggi sognanti, un po’ sospesi tra cielo e terra, quasi melanconici ma nello stesso tempo capaci di suggerire una sensazione di grande impatto anche per l’uso di colori che donano loro un simpatico sentore di esuberante ironia.

Francesco Clemente (Napoli 1952) è influenzato dalla cultura e dalla filosofia indiana conosciute durante i suoi lunghi viaggi giovanili. E’ un autodidatta che si è pian piano formato lavorando presso alcuni studi anche negli Stati Uniti, esperienza che lo ha portato a elaborare una pittura introspettiva evidente nei suoi numerosi autoritratti deformati che sembrano alludere, attraverso immagini allucinate, a forme arcane sepolte nell’inconscio impaurito.
La matericità dell’opera richiama con sagacia allusiva l’impulso erotico con la sua carica di corposità sensibile: l’artista è sempre presente anche per ricordare con sapiente leggerezza la sua relazione con la creatività.

La vena artistica di Enzo Cucchi (Morro d’Alba, Ancona, 1949) si è espressa, in un primo momento, con la poesia, per poi fondere, da autodidatta, le suggestioni derivanti dagli artisti e dai movimenti precedenti  con il microcosmo delle culture popolari in una felice sintesi che approda a un misticismo vitalistico il quale suscita una sorta di sensazione cupa e drammatica quasi primordiale, tale da lasciare un segno profondamente sofferto.
Cucchi
Il suo desiderio di non fermarsi alla bidimensionalità lo porta a intervenire con la pittura sulle sue sculture eseguite, a volte, con materiali davvero inconsueti.

Il più giovane dei cinque è Nicola De Maria (Foglianiese, Benevento, 1954): egli sin dall’inizio si fa notare perché la cornice non limita i suoi quadri e perché usa una vasta gamma di cromie “mediterranee” piene di luce, quasi un’esplosione di vitalità luminosa a stento compressa.
Demaria mafleur
La sua pittura è una evidente trascrizione delle situazioni psicologiche che coinvolgono la mente e i sentimenti che lo percorrono. “Il risultato è un’architettura lirica e polifonica che ha in se i movimenti invisibili della frase musicale: melodica o sincopata, allegra o tonante”.

Ed ora Domenico, cioè Mimmo Paladino (Paduli, Benevento, 1948): guardando le sue opere salta subito agli occhi l’influenza che hanno avuto su di lui le tipiche immagini e le sculture arcaiche della tradizione mediterranea, tanto da fargli creare solenni e fantastiche iconografie che spesso hanno simboli greco- romani, etruschi e paleocristiani.
Paladino-camion
Per adeguare la sua poetica artistica alle sue opere usa talvolta tecniche antiche quali l’encausto o il mosaico anche polimaterico, grazie al quale la superficie mossa dalle diverse tessere racconta una maniera insolita di occupare la tridimensionalità dello spazio.

Il progetto espositivo della Transavanguardia continua con altre 5 personali distribuite sul territorio italiano: a Modena nell’ex Foro Boario è esposto Sandro Chia; a Prato nel Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci si trova Nicola De Maria, a Catanzaro nel MARCA e a Praia a Mare nel Santuario della Madonna della Grotta si vede la personale di Enzo Cucchi. Dall’1 Marzo a Roma nell’ex GiL di Luigi Moretti verrà esposto Mimmo Paladino mentre Francesco Clemente avrà la sua personale a Palermo nel Palazzo Sant’Elia a partire dal 15 Marzo.
Penso valga la pena di vedere tutto, ma la prima tappa dovrebbe essere Milano perché qui sono riuniti tutti e cinque gli artisti, con la possibilità, quindi, di percepire pienamente il significato della Transavanguardia.
 

Dettagli

Didascalie immagini

  1. Mimmo Paladino, Senza titolo, 1983
    Olio su legno e acciaio, 142✕69 x 72cm
  2. Nicola De Maria, Molti anni per finire un disegno stellato a Torino, 1981-1982,
    Tecnica mista su carta montata su tela, 200 x 320 cm
  3. Sandro Chia, Due Solitari, 1981
    Olio su tela, 165,5 x 255 cm
  4. Enzo Cucchi, Fare un quadro, 1993,
    Olio su tela e ferro, 367 x 365 cm
  5. Nicola De Maria, Ma fleur, 1979
    Pigmento su tela, 150 x 240 cm
  6. Mimmo Paladino, Camion, 1985
    Tecnica mista su tela, 274 x 457 cm                                             Arte&Arti.net