lunedì 4 novembre 2013

Museo Permanente ad Anna Magnani

Villa alla Storta in Roma 

(comune.furore.sa.it)

 Magnani, Rossellini, Fellini 
 

Il "Miracolo" del Fiordo di Furore

Anna Magnani e Roberto Rossellini si conobbero, lavorarono insieme e s'innamorarono in maniera travolgente durante la lavorazione di Roma, città aperta.
Il film Amore fu frutto di una decisione di Roberto e Anna di fare un altro lavoro insieme dopo "Roma, città aperta". Esaminarono centinaia di progetti e idee. Alla fine decisero che si sarebbe dovuto girare un episodio di quaranta minuti con Anna da sola in scena. Una sorta di monologo preso dal dramma teatrale La voce umana di Cocteau, in cui la Magnani recitava in una camera da letto, parlando al telefono con il suo amante, dando fondo a tutti i sentimenti che le erano propri, speranza, gelosia, disperazione, rancore, umiliazione
.
Roberto la seguiva con la camera, utilizzata più come fosse un microscopio, una lente d'ingrandimento. Il risultato fu estremamente forte, travolgente, un vero e proprio fluire di coscienza e dolore in cui i protagonisti erano una stanza buia, un telefono e una donna che lottava disperatamente con il tormento e l'angoscia della perdita dell'amore.

Il risultato fu intensissimo ma troppo breve per farne un film a sé stante. Era necessario aggiungervi un altro episodio.
Fu Anna che, qualche tempo più tardi, incontrando Fellini, allora aiuto-regista di Rossellini, in un ristorante gli chiese di pensare a una storia che dovesse "far piangere e ridere, essere un po' neorealista però gradevole, fatta bene come i film americani prima della guerra" che rappresentasse anche un atto d'accusa contro la società e che potesse, inoltre, ospitare al suo interno una "bella canzone romana".
A questi desideri Fellini sulle prime non seppe rispondere ma, poi, dopo un primo tentativo non riuscito, pensò ad una storia che piacque alla Magnani: quella di una povera mentecatta che, credendo di riconoscere San Giuseppe in un povero pastore, si faceva mettere incinta e, dopo aver partorito come una bestia, era convinta di avere messo al mondo una creatura divina.


Il secondo episodio avrebbe avuto per scenario alcuni posti caratteristici della Costiera Amalfitana: Maiori e Furore, per le loro spiccate caratteristiche formali e ambientali che bene si prestavano a fare da cornice alla "favola" ideata da Fellini. In quel periodo i rapporti tra Anna e Roberto erano buoni ma burrascosi come i loro caratteri che si scontravano spesso.
Una lettera di Ingrid Bergman diretta a Rossellini il cui testo diceva, tra l'altro: "Caro Signor Rossellini, ho visto i suoi film Roma città aperta e Paisà e li ho apprezzati moltissimo. Se ha bisogno di un'attrice svedese che parla inglese molto bene, che non ha dimenticato il tedesco, non si fa quasi capire in francese, e in italiano sa dire 'ti amo', sono pronta a venire in Italia per lavorare con lei." Ingrid Bergman rappresentò l'inizio di una violenta gelosia di Anna che avrebbe definitivamente compromesso il loro rapporto.
Il "Miracolo"
L'episodio ha inizio con un viandante (Federico Fellini) che s'incammina per Capo d'Orso e incontra una povera pastorella, un po' matta, che crede di vedere in lui un'improvvisa apparizione di San Giuseppe.

"San Giuseppe bello mi devi portare con te ..." gli dice "... Tanto anche se muoio qui nessuno se ne accorge". Ma il viandante silenzioso, approfittando del vino che lei ha bevuto, la mette incinta mentre, stordita, lei cade preda del sonno. Al suo risveglio il misterioso pellegrino è sparito e, nei giorni che seguono, non fa fatica ad accorgersi che una nuova vita le sta crescendo dentro. Presto tutti gli abitanti del paese si accorgono che aspetta un bambino. Lei crede che quella che porta in grembo sia una creatura divina, figlia d'un Santo. Gli altri, compresi anche i suoi miseri compagni di strada, la ritengono una donnaccia stupida ed invasata.

In un crescendo drammatico, viene portata in processione e, mentre lei crede che ciò avvenga per la creatura celeste che ha in grembo, tutti la deridono come una povera stolta e ridicolizzano la sua pretesa santità. Resasi conto del disprezzo generale e della violenza che la circonda, la pastorella scappa, abbandonando Maiori e rifugiandosi nel Fiordo di Furore.

Qui rimane nelle grotte più cupe e lontane in solitudine, non si sa per quanto tempo. Ben presto si accorge che la creatura che ha in grembo chiederà di venire alla luce ma non sa a chi rivolgersi. Si guarda disperata intorno ma non v'è nessuno che le possa dare aiuto.
Si avvia, allora, sù per la salita che dal Fiordo porta verso le case e la chiesa del paese. Una salita che rappresenta una sorta di cifra, un segno profondo della storia, il destino di Furore attraverso i secoli passati, un salire faticosissimo lungo il costone a dirupo dal mare al paese, tremila gradini più in alto. Un salire ed un discendere a piedi che ha rappresentato, nel tempo, l'anima e, in qualche modo, la dannazione del paese, quando non esistevano strade e automobili ma solo uomini e muli. L'accompagna solo una capretta.
Giungerà alla chiesa di San Michele e lì, nascosta nel campanile, potrà far nascere la sua creatura.

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